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La contraffazione è un “reato vero”

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Cosa si nasconde dietro un marchio contraffatto? Una vera e propria organizzazione criminale, nonché un ingente danno all’economia reale e alla società civile. Il punto di Giuseppe Zanalda

Un fenomeno criminale che anche in Italia ha assunto le dimensioni di una vera e propria attività imprenditoriale, in grado di abbracciare i più disparati settori merceologici. E che, con l’avvento delle nuove tecnologie, ha trovato terreno sempre più fertile. Basti pensare che la contraffazione di marchi e brevetti, su internet, si dispiega tra la vendita di prodotti contraffatti e l’abusiva riproduzione dei marchi, quali loghi di squadre di calcio da scaricare sui telefoni cellulari o sul PC. «Vi è purtroppo un’opinione diffusa che la contraffazione rappresenti una forma di sostentamento per immigrati e disoccupati solo in danno delle griffe più famose e come tale tollerabile» afferma l’avvocato Giuseppe Zanalda. «Viceversa bisogna far comprendere che la contraffazione costituisce una concorrenza sleale e fonte di lavoro nero, gestito da gruppi criminali organizzati che realizzano ingenti profitti ai danni dell’ economia reale e della società civile. A tal proposito si è detto, con un bisticcio di parole: “La contraffazione è un reato vero».

Attraverso quali strumenti un’azienda può tutelarsi e cercare di arginare il fenomeno?
«Guardia di Finanza e Dogana intervengono sia attraverso sistemi di controllo più efficaci, che con nuclei specializzati nella lotta alla contraffazione. Tuttavia, il solo intervento delle autorità competenti non è sempre in grado di arginare il fenomeno. Le società titolari dei marchi registrati maggiormente colpite debbono vigilare, monitorando le reti di vendita sia tradizionali che via internet e, non appena individuata l’offerta di prodotti contraffatti, presentare denuncia- querela alla Procura della Repubblica. In tal modo si può ottenere l’immediato sequestro della merce contraffatta e instaurare un procedimento penale contro i titolari e contro la società».

Quali pene sono previste in tema di contraffazione?
«Oltre alla reclusione fino a tre anni per gli autori della contraffazione, sono previste pene pecuniarie e sanzioni interdittive nei confronti delle Società che producono o commercializzano prodotti contraffatti, ai sensi dell’art. 25 bis D.lvo 231/2001, per la Responsabilità Amministrativa degli Enti, definita “parapenale” in una nostra pubblicazione del 2003 del Sole 24 Ore. Inoltre va ricordato che il decreto legge sulla competitività n. 35/2005 ha introdotto nei confronti del cliente la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000 euro per l’acquisto di merce contraffatta».

Lei ha difeso la Juventus e altre note società sportive vittime della vendita di articoli sportivi con il marchio contraffatto.
«Oggi il marchio per le società sportive è divenuto un vero e proprio asset da sfruttare sotto il profilo commerciale. Il merchandising è divenuto una fonte di introiti significativa per le società di calcio e, parallelamente, si è intensificata l’attenzione alla tutela del marchio. Nell’interesse della Juventus F. C., nonché di altre società quali l’A.C. Milan, si sono ottenuti importanti risultati attraverso la condanna in sede penale dei responsabili dei delitti di contraffazione e vendita di prodotti contraffatti, con condanna ai danni confisca e distruzione della merce irregolare, arginando in tal modo il fenomeno della vendita di magliette, bandiere e gadget con i simboli delle squadre».

Si è sviluppato di recente un nuovo filone giurisprudenziale a tutela del design, cui lei ha contribuito attivamente, difendendo Pomellato.
l danni all’economia reale Bisogna far comprendere che la contraffazione costituisce una concorrenza sleale e fonte di lavoro nero, gestito da gruppi criminali organizzati «Nell’ultimo decennio, soprattutto nel settore dei gioielli, si è sviluppata una subdola e più raffinata forma di contraffazione non del marchio registrato, ma del disegno o modello ornamentale, con gravissimo danno patrimoniale e di immagine. Prendendo spunto da una giurisprudenza in tema di tutela del design, che riconosceva tutela penale ai disegni o modelli ornamentali brevettati, abbiamo depositato, nell’interesse della nota casa di gioielli milanese, una serie di denunce- querele nei confronti di gioiellerie e ditte artigianali che ponevano in vendita gioielli riproducenti modelli ornamentali registrati delle linee di punta, quali ad esempio l’anello “Nudo” o la linea “Dodo”. Sono quindi seguite una serie di condanne di vari tribunali penali italiani che hanno riconosciuto piena tutela penale anche del disegno o modello ornamentale registrato».

A che punto siamo oggi?
«Tale filone giurisprudenziale si è ulteriormente rafforzato con l’introduzione del Codice della Proprietà Intellettuale, mediante D.lvo. 10 febbraio 2005 n. 30, che conferisce tutela al modello ornamentale se presenta il carattere della novità e dell’individualità. In sostanza, alla base della legge vigente, si può parlare di contraffazione di un modello ornamentale in tutti quei casi in cui venga ripresa l’impressione generale innovativa fornita dal modello stesso registrato ».

Eugenia Campo di Costa

fonte: Dossier Lombardia 20 dicembre 2010

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